Paola Silvia Ubiali con la collaborazione di Stefania Carissimi
Matteo Emery
Meno di 120 minuti
Meno di 120 minuti, questa è l’aspettativa di vita delle sculture effimere di Matteo Emery. La magia di flussi vitali, lacrime, sangue, congelata per sempre in un’immagine.
Tubicini medicali, garze, membrane in lattice, piume, sono gli accessori di cui sono dotate le fragili e trasparenti micro-sculture in ghiaccio che Matteo Emery crea e consegna all’eternità grazie al mezzo fotografico.
Corpi inorganici misteriosamente incapsulati dentro soffici e delicati involucri protettivi, giochi di luci e ombre evocativi di complessi fenomeni biologici tanto da creare in chi li osserva un’alternanza di sensazioni opposte: accettazione e piacere oppure rifiuto e disgusto. Risposte soggettive di attrazione e repulsione, da sperimentare personalmente e senza vie di mezzo.
Il processo creativo dell’artista svizzero ha una durata media totale di circa cinque ore e si fonda sulla trasformazione dell’acqua in ghiaccio, un’azione tanto banale quanto straordinaria che la natura svolge da millenni in piena autonomia.
Una riflessione preziosa sulla caducità di qualsiasi forma di vita: vanitas contemporanee rapidamente messe a fuoco prima che ritornino a essere l’originario composto chimico incolore e insapore: due atomi d’idrogeno legati a un atomo di ossigeno.
Accanto ai lavori fotografici anche vecchie camere d’aria sgonfie, segnate dalla ruggine e dalle rughe dell’uso. Carcasse ferite che l’artista installa come tangibili testimonianze del disfacimento della materia, qualunque essa sia: gomma, corteccia, carne… pietisticamente ricomposta con sbrigative suture chirurgiche, nella palese difficoltà dell’uomo di conservare in eterno ciò che la natura nel suo corso impassibile porta indistintamente a distruzione.
Attraverso Love pressure – misterioso macchinario composto dall’assemblaggio di recipienti in alluminio per uso farmaceutico – Matteo Emery raccoglie piccole quantità di feromoni, le sostanze naturali biochimiche prodotte dalle ghiandole esocrine (sudoripare, lacrimali, salivari…) della maggior parte degli esseri viventi. Tali sostanze, che la scienza sta ancora studiando, dovrebbero indurre reazioni fisiologiche e comportamentali negli esseri viventi della stessa specie che vi entrano in contatto. Segnali invisibili che influiscono su di noi senza che ne abbiamo consapevolezza, ma sui quali attualmente prolifica un fiorente mercato online dettato dalla perenne illusione di poter accrescere il nostro sex appeal.
Il lavoro di video arte Flusso sta a completamento della ricerca di Matteo Emery degli ultimi anni. Un caleidoscopio in eterno movimento di vibrazioni sonore e visive da cui scaturiscono effetti disturbanti e cacofonici, una sorta di viaggio iniziatico nell’indistinto magma vitale, dove il tempo e lo spazio abitano in tutt’altra dimensione.
BIO ARTISTA
Matteo Emery nasce a Lugano nel 1955 e vive e lavora ad Arosio. Tra il 1972 e il 1980 ha studiato grafica allo CSIA di Lugano e alla scuola superiore di arti visive ESAV di Ginevra. Tra il 1980 e il 1987 ottiene ripetute Borse Kiefer-Hablitzel.Ha realizzato diverse esposizioni personali e collettive in Svizzera e all’estero.
Dal 1980 al 2010, parallelamente allo svolgimento dall’attività artistica, lavora come regista alla RSI (Televisione Svizzera di lingua Italiana) e oltre a realizzare numerosi documentari è autore del film “Pieropaolo”, documentario fantastico che racconta la vita di una coppia di gemelli siamesi nati in Piemonte attorno al 1877. Il film è stato presentato nel 1985 al Festival del Cinema di Locarno e l’anno seguente al festival del Cinema di Soletta. Recentemente è stato proiettato nell’ambito dell’ “Other Film Festival di Lugano 2015”
Principalmente i lavori bi- e tridimensionali sono realizzati con materiali di recupero organici ed inorganici legati all’ artista, al suo corpo, al suo vissuto. Complessi lavori che suggeriscono un viaggio all’interno del corpo attraverso temi esistenziali ed ontologici estremi, quali nascita-morte-mutazioni, stazioni di un viaggio, decostruzione di una via-crucis? , che segna l’evoluzione della vita dell’uomo, lo stesso piano d’immanenza. “Sono affascinato dal sottile filo che collega il visibile all’invisibile. Chi sono cosa faccio su questa terra respiro e penso… forse per esorcizzare il momento in cui tutto finisce.”