Paola Silvia Ubiali
Il sonno della ragione genera mostri
Giulio Locatelli (Stelvio)
Giulio Zanet
Hyun Cho
Gian Paolo Tomasi
Sabina Sala
Eleonora Molignani e Olmo Erba
Special guest: TILT
Marelia Servizi per l’Arte aderisce ad ARTDATE FESTIVAL di Arte Contemporanea 14^ Edizione sul concetto di DIVORARE
organizzato dal network THE BLANK
Il sonno della ragione genera mostri, mostra collettiva presso Marelia Servizi per l’Arte riunisce le opere di sette artisti proposti da alcune delle numerose realtà aderenti alla 14° edizione del Festival di arte contemporanea ArtDate organizzato da The Blank che, quest’anno, esplora il concetto di DIVORARE nelle sue più ampie sfaccettature. Durante il Festival, lo spazio di via Torretta 4 si anima inoltre di un progetto indipendente attinente al tema proposto, curato da Eva Rota per The Blank.
A fine Settecento Francisco Goya metteva in guardia la società nella quale viveva rispetto ai pericoli dell’ignoranza, della superstizione e dell’oscurantismo attraverso la nota incisione Il sonno della ragione genera mostri. Oggi possiamo rileggere in chiave contemporanea questo monito universale come critica alla cecità di un sistema che, partito dall’encomiabile obiettivo di migliorare la qualità dell’esistenza e generare progresso e benessere, ha ormai perso di vista il senso della misura e del limite.
Se il pittore spagnolo fosse vissuto nel XXI secolo probabilmente l’uomo addormentato al centro della celebre immagine sarebbe stato più o meno lo stesso, ma i mostri generati dal sonno della ragione avrebbero potuto incarnare le nuove minacce e le distorsioni più preoccupanti della nostra epoca. Da quando il capitalismo globale ha condizionato ogni desiderio inoculando nell’essere umano il bisogno di essere costantemente alimentato da quantità smisurate di cibo, beni di consumo, informazioni e immagini, ci troviamo a vivere in un’ipnosi collettiva che fagocita senza sosta risorse naturali, culturali e spirituali. Il perverso meccanismo contribuisce non solo alla distruzione ambientale ma anche all’erosione interiore. Individui sempre più anestetizzati dall’incessante bombardamento di stimoli perdono la capacità di discernere, destinati a sprofondare in uno stato di pigrizia fisica e mentale.
Gli artisti qui riuniti ci chiedono di risvegliare la ragione, di guardare alle nostre responsabilità, di interrogarci sui nostri comportamenti, di riappropriarci di una dimensione umana che sembra essere scivolata dentro al caos generato dall’imposizione della crescita perenne, a qualunque costo. L’arte ha il potere di rallentare il tempo, di restituirci lo spazio della riflessione, di invitarci a pensare. In una società onnivora e distruttiva l’arte può diventare un antidoto, una forma di resistenza contro la voracità.
Stelvio (Accademia di Belle Arti G. Carrara), Dissipazione, 2024, collage stampati su carta igienica applicati su foglio A4, installazione, dimensioni variabili.
Nell’installazione Dissipazioni, Stelvio si ispira a Dissipatio H.G. di Guido Morselli. Il romanzo pubblicato nel 1977, narra della misteriosa e improvvisa scomparsa di tutta l’umanità (o quasi) che lascia dietro di sé solo tracce materiali come segni del suo passaggio. Utilizzando la tecnica letteraria del cut-up applicata all’arte visiva, l’artista manipola parole e immagini per creare rebus surreali e flussi di coscienza dagli accostamenti inquietanti che trovano tangenze con la subcultura delle fanzine autoprodotte. Questi collage di piccole dimensioni vengono stampati su un articolo di uso comune, inventato nell’Ottocento e diffusosi globalmente solo a partire dagli anni Sessanta del Novecento: la carta igienica. Nel 1965 il rivoluzionario rotolo catturava già l’attenzione di Gerhard Richter, che lo elevava a unico protagonista della sua iconica tela Toilet Paper. Ma la carta igienica oggi rappresenta uno dei prodotti meno sostenibili, simbolo per eccellenza della cultura dell’usa e getta. In una società che divora tutto, l’opera di Stelvio sottolinea l’urgenza di un ritorno alla valorizzazione delle risorse. Stelvio associa ai collage una serie di fiori di alchechengi la cui fragile consistenza richiama proprio quella della carta. Queste piante delicate, dalle proprietà medicinali, producono bacche commestibili che Stelvio raccoglie personalmente durante lunghe camminate solitarie nei boschi, praticando un’attività antica ma oggi quasi completamente dimenticata: il foraging o alimurgia ovvero la ricerca lenta di cibo spontaneo e selvatico, messo a disposizione gratuitamente dalla natura per chi sa riconoscerlo. È lo stesso tipo di piante che alla fine del romanzo di Morselli, si appropriano delle strade di Crisopoli, ormai abbandonate e coperte da un sottile strato di terriccio. Con sottile provocazione, Stelvio invita a riflettere sulla possibilità di resistere al sistema predatorio della società dei consumi attraverso un uso più consapevole delle risorse, anche artistiche. I collage su carta igienica, realizzati con pazienza certosina, sono pensati per durare nel tempo e non per essere gettati via senza una preventiva, profonda riflessione.
Gian Paolo Tomasi (Galleria Elleni), Giriama, 2007, stampa a getto di pigmenti puri, 100 x 170 cm; La Cina si avvicina 2, 2010, stampa a getto di pigmenti puri, 100 x 133 cm.
Gian Paolo Tomasi evidenzia l’azione del divorare dal punto di vista geopolitico ed economico. Giriama presenta un gruppo di uomini dell’omonima tribù africana vestiti dei colorati costumi tradizionali. I Giriama sono tra le comunità più fedeli alle antiche tradizioni e la loro sussistenza si basa sull’agricoltura e la pesca, ma nell’immagine costruita da Tomasi, insieme ai bastoni rituali si mostra con orgoglio un joystick di plastica mentre a terra, sulle zolle aride del Malindi, è posato un potente fucile d’assalto. Alle spalle del gruppo di Giriama è tirato un lenzuolo bianco che funge da posticcio sipario di grattacieli sui quali campeggiano vistose pubblicità. L’espansione dell’industria, da quella dell’intrattenimento a quella della guerra, sta progressivamente sottraendo risorse alle comunità locali ingenuamente inconsapevoli dei danni che questa voracità andrà a causare. Anche attraverso il gioco di parole La Cina si avvicina, che richiama il celebre film La Cina è vicina di Marco Bellocchio uscito nel 1967, Gian Paolo Tomasi concretizza un “capriccio” elaborato a tavolino. Castel Sant’Angelo, sfregiato dai simboli del potere politico cinese galleggia sul Tevere percorso da una gondola. Un’immagine smaccatamente finta, lontana (ma non troppo) dalla verità attuale e che l’avanzare della globalizzazione potrebbe trasformare presto in atroce realtà.
Hyun Cho (Traffic Gallery), Up 200% off, 2021, tubo neon su alluminio, 40 x 30 cm.
Up to 200% off di Hyun Cho è l’immagine dell’aggressività commerciale spinta all’eccesso. Uno sconto superiore al guadagno è assurdo perché controproducente dal punto di vista economico ma la forzatura rispecchia la logica di un sistema che continua a promettere felicità illusorie non rispondenti ai reali bisogni, lasciando l’insaziabile consumatore sempre più insoddisfatto e alienato. Il marketing violenta le coscienze e alimenta un desiderio di accumulo incessante, che spinge all’acquisto compulsivo in un ciclo infinito, al di fuori di ogni possibilità di arresto. Senza voler intraprendere una critica al commercio, Hyun Cho mette in evidenza un dato oggettivo: a causa dell’inerzia e della passività, molte categorie di consumatori si lasciano suggestionare e manipolare da false promesse di risparmio. La scritta proposta nell’algido neon induce alla riflessione per ritrovare il libero arbitrio, per non cedere all’inganno e alla mercificazione delle scelte personali.
Giulio Zanet (Traffic Gallery), Untitled,2021, tecnica mista su carta, 110 x 80 cm; Untitled,2021, tecnica mista su carta, 110 x 80 cm; Untitled,2021, tecnica mista su carta, 110 x 80 cm.
La pittura Untitled di Giulio Zanet non impone letture definite ma rappresenta una stratificazione di percezioni dell’Hic et nunc, del qui ed ora che si carica di significato universale, dove ognuno è invitato a filtrare liberamente ciò che ritiene interessante. Allo stesso tempo introduce una riflessione a un livello di complessità profondo nell’esplorazione del concetto di divorare. L’eccesso informativo prodotto dal bombardamento visivo di simboli, font, immagini porta a ingurgitare tutto sempre più rapidamente, senza alcuna preventiva assimilazione e, prima o poi, al rischio di assuefazione e appiattimento di ogni desiderio di conoscenza.
Sabina Sala (Studio Vanna Casati), Elogio del gesto inutile, 2024, biro nera su carta, 21 x 21 cm, installazione di 5 elementi su leggii in ferro.
Elogio del gesto inutile di Sabina Sala si riallaccia più direttamente a Goya e alla figura mitologica romana di Saturno, derivante a sua volta dalla mitologia greca. Sabina Sala fa riferimento al concetto di divorare nel suo aspetto più metaforico e universale. Il dio del tempo che divora i suoi figli per non essere spodestato allude alla forza devastante che uccide anche ciò che ha generato. Oggi il tempo rappresenta uno dei beni più preziosi che l’individuo possiede ma il rapporto con questo elemento sta diventando sempre più autodistruttivo. La corsa contro il tempo per essere efficienti, performanti, super organizzati, produttivi ci si ritorce contro, producendo altissimi livelli di stress nelle persone. In un momento in cui il tempo è considerato una risorsa da sfruttare e da divorare piuttosto che una dimensione da vivere Sabina Sala ci invita a fermarci di fronte al suo lavoro, a sostare tutto il tempo necessario per osservarne i dettagli, in contrasto con i ritmi accelerati della società contemporanea. Assaporare e gustare con lentezza diventa un lusso ma anche un atto rivoluzionario e controcorrente.
Eleonora Molignani ed Olmo Erba (a cura di The Blank Residency), Al posto delle fragole, 2024, proiezione video, dimensioni variabili.
La proiezione video Al posto delle fragole di Eleonora Molignani e Olmo Erba è frutto di una performance curata da The Blank Residency realizzata il 6 novembre 2024 presso l’Ex Ateneo di Bergamo. L’azione mette in pratica la dissoluzione progressiva del piacere a causa della sovrabbondanza di un unico e determinato cibo normalmente associato alla stagionalità, alla raffinatezza gastronomica e all’eros. Un gesto semplice e naturale come il cibarsi si trasforma in una tortura dove, a fine performance, la tovaglia macchiata è tutto ciò che resta di questo “sacrificio” imposto dai condizionamenti della società dei consumi.
Audio Spam, 2024 installazione sonora partecipativa e interattiva, dimensioni variabili è un progetto indipendente del collettivo TILT a cura di Eva Rota per The Blank.
L’installazione propone una riflessione sulla comunicazione audio indesiderata intesa come prodotto inevitabile della società contemporanea. L’acronimo SPAM viene coniato nel 1937 per descrivere un particolare tipo carne in scatola (spiced-ham) di bassa qualità molto diffusa nei paesi anglosassoni. Il termine assume l’odierno significato di “ripetitivo, noioso e indesiderato” a partire da uno sketch televisivo del 1970 in cui, nel contesto di una caffetteria, un cameriere declama con voce stridula ogni singolo piatto del menù – tutti contenenti SPAM – al punto la ripetizione rende la situazione fastidiosa e disturbante. Nel tempo, il termine SPAM è si è consolidato come sinonimo di sovrabbondanza e ripetizione indesiderata, specialmente nel contesto digitale, dove si riferisce a messaggi non richiesti e ripetitivi che saturano le caselle di posta elettronica e i social. Oggigiorno lo spam ha una componente sonora rilevante, considerata la quantità di jingle pubblicitari, messaggi audio, podcast, streaming, comunicazioni audio, radio o televisive a cui siamo costantemente sottoposti, spesso involontariamente.
I messaggi vocali raccolti tramite WhatsApp durante l’inaugurazione della mostra, sovrapposti e incastrati in un flusso sonoro continuo quanto fastidioso a creare un ambiente disturbante, saturo di caos e disordine, porta ad una riflessione sull’onnivora bulimia della società iperconnessa. Invece di connettere come dovrebbe fare una chat, l’indistinto rumore di fondo porta all’alienazione.